La scoperta di un nuovo simbolo del Tau in Valdonica di Madrignano (Bolano, SP).

In Val di Vara è emersa una nuova scoperta legata all’Ordine del Tau di Altopascio. Si deve questa scoperta al geometra Daniele Guaianuzzi, spezzino, il quale, nel tempo libero, si dedica alla ricerca delle antiche simbologie che emergono nel territorio. Il sito ove è stata rinvenuta è Valdonica, una frazione di Madrignano. È significativo che questa scoperta sia territorialmente vicina all’altro simbolo del Tau di Val di Pino (nella galleria a fondo pagina). Va detto che il Tau che si rinviene nel battistero della chiesa di San Giacomo di Fivizzano (Val di Vara) appartiene invece all’Ordine di Vienne (Francia) e la stilizzazione è diversa, in quanto la stele di quest’ultima risulta più larga.
La lettera T ed il suo significato nel sacro primordiale.

Nella mostra sul Tesoro di Tutankhamon che si tenne a Bruxelles nel Palazzo dell’Esposizione fino al 6 novembre 2011 vennero mostrate, nel reparto dedicato agli amuleti del Faraone, due sagome in metallo di circa dieci centimetri di altezza, che si possono leggere come la lettera T e la lettera Y. Stupisce che nelle didascalie si leggesse che il loro significato non è noto.
La lettera T si rinviene nelle costruzioni in pietra di Göbekli Tepe, scoperto di recente e fatto risalire a 12000 anni fa. Ci si sta interrogando sul significato di questi costrutti e soprattutto perché queste vestigia siano state sepolte già in antico. Analogamente la T si rinviene nelle strutture a Taula delle isole Baleari, ma non ne viene presentato il significato profondo.
Louis-René Nougier scrive in proposito: “Si sono avute lunghe discussioni e addirittura dispute tra gli archeologi a proposito del ruolo di questi biliti, piantati al centro di un’alta recinzione circolare. Non è chiaro se si tratti di un recinto scoperto con funzioni religiose…” (pag. 240 La preistoria – UTET).
Ma la T emerge anche nei bronzi arseniosi della Cultura La Aguada del Noroeste Argentino (500-900 d.C.) presentata nel libro di Alberto Rex Gonzalez a titolo “Cultura La Aguada Arqueologia y diseños” (Filmediciones Valero, 1998).
In uno di questi rari bronzi, indicato come “Disco del Beni, Bolivia”, emergono significati strabilianti, che non vengono assolutamente trattati dallo studioso argentino. L’antropomorfo presenta un casco integrale che sembra di tipo spaziale, una gorgiera che sembra metallica e che ricopre anche le braccia. Quindi si nota un pettorale con la lettera T, posta al centro delle spirali a rotazione inversa, al di sotto delle quali viene presentata una faccia di creatura primitiva con capelli ispidi, al di sotto della quale stanno altre due spirali a rotazione contrapposta. Per interpretare questo bronzo, occorre tener conto dei significati degli altri pezzi, di produzione limitatissima.
Vi emergono le croci templari del tipo orbicolare retto e del tipo orbicolare inclinato, così come si possono vedere nelle simbologie della Lunigiana Storica, presentate nel libro “Lunigiana terra di Templari” (Marna Edizioni, 2006). In questi bronzi si rinvengono anche molti simboli dei tre cerchi concentrici, definiti anche cerchi atlantidei o cerchi dei tre ordini di perfezione, se riferiti al Cristianesimo.
Per poter spiegare queste strane coincidenze spaziali e temporali occorre sapere che molti studiosi ritengono che i Templari si recassero in Patagonia per caricare l’argento (da ciò il toponimo Argentina). Recentemente studiosi locali del Golfo di San Matteo hanno anche identificato il porto dei Templari, costituito da quattro canali paralleli, posti in alto sulla scogliera, e penetrabili soltanto con le alte maree sizigie (quando la marea influenzata dal Sole si somma con la marea influenzata dalla Luna Piena). Le prove iconografiche di questa navigazione si rinvengono nelle simbologie della Pieve di Codiponte (Massa) che mostrano sia i copricapo da cacique che i copricapi di pelliccia, nonché in Val di Vara, in un architrave di Porciorasco, in cui è stato scolpito il Sole tradizionale del Guatemala.
Si ipotizza anche che i Templari avessero contatti con gli shamani andini, ed abbiano avuto informazioni che sono di natura profonda, come la croce orbicolare retta e la croce orbicolare inclinata, da cui emerge la simbologia dell’angolo, cioè della conoscenza dei moti processionali. Il tema dell’angolo emerge chiaramente in un petroglifo del Lago Titicaca, ed era quindi familiare agli shamani sudamericani, così come appare più volte indicato nel petroglifo dell’Appennino Tosco-emiliano che si trova peraltro eguale in India, nel sito sacro di Vijayanagar (distretto di Hampi).
Una corrente di pensiero è quindi giunta in Lunigiana dall’India in epoca del Rame (lo si deduce dalla verga da rabdomante a rotazione verticale, che si ritrova anche all’esterno del Riparo del Ciliegio nel Savonese) e una successiva conoscenza è stata portata dai navigatori Templari nel XIII secolo. Appare quindi una continuità nell’uso del T, che è stato anche adottato da San Francesco. Come conciliare ciò? Attraverso la profonda implicazione del T, come simbolo di equilibrio e di eguaglianza fra le genti, dedotto dalla manifestazione equinoziale della “linea retta d’equinozio” e dalla constatazione che il punto del sorgere equinoziale non muta nei millenni, mentre i punti del sorgere e del tramonto solstiziale subiscono lo scarto della precessione degli equinozi.
Una interessante prova archeologica della conoscenza della precessione è emersa durante il convegno della Società Italiana di Archeoastronomia che si è tenuto in Puglia nel 2010, a Trinitapoli, dal 22 al 23 ottobre 2010.
Quanto sopra spinge a leggere il Disco del Beni come portatore dell’annuncio, che è stato diffuso da Zacheria Sitchin, che l’uomo è stato clonato dagli Anunaki, attraverso vari tentativi, che si sono potuti perfezionare soltanto quando i loro scienziati hanno capito che non potevano usare per i loro esperimenti vasi provenienti dal loro pianeta (quindi emananti una frequenza diversa da quella di 7,83 Hertz della Terra) ma vasi creati con materiali terrestri (Il Libro Perduto del Dio Enki - Sesta Tavoletta).
Bibliografia relativa a questo articolo ed al libro di imminente pubblicazione su Lunigiana e rotta Atlantica dei Templari di E. Calzolari
Bartocci U. – AMERICA ROTTA TEMPLARE. Sentieri segreti della storia. Un’ipotesi sul ruolo
delle società segrete nelle origini della scienza moderna, dalla scoperta dell’America
alla Rivoluzione Copernicana. – Edizioni della Lisca, Milano, 1995
Bartocci U. - UNA ROTTA TEMPLARE ALLE ORIGINI DEL MONDO MODERNO – versione
elettronica riveduta e ampliata del libro “America: rotta templare”, 2006
Battistini L. & Calzolari E. – LUNIGIANA TERRA DI TEMPLARI – Marna editrice, Lecco, 2006
De Mahieu J. – I TEMPLARI IN AMERICA – Edizioni PIEMME, Casale Monferrato, 1998
Russo Lucio - L’AMERICA DIMENTICATA – I rapporti tra le civiltà e un errore di
Tolomeo – Mondadori, Milano, 2013.
La lettera T si rinviene nelle costruzioni in pietra di Göbekli Tepe, scoperto di recente e fatto risalire a 12000 anni fa. Ci si sta interrogando sul significato di questi costrutti e soprattutto perché queste vestigia siano state sepolte già in antico. Analogamente la T si rinviene nelle strutture a Taula delle isole Baleari, ma non ne viene presentato il significato profondo.
Louis-René Nougier scrive in proposito: “Si sono avute lunghe discussioni e addirittura dispute tra gli archeologi a proposito del ruolo di questi biliti, piantati al centro di un’alta recinzione circolare. Non è chiaro se si tratti di un recinto scoperto con funzioni religiose…” (pag. 240 La preistoria – UTET).
Ma la T emerge anche nei bronzi arseniosi della Cultura La Aguada del Noroeste Argentino (500-900 d.C.) presentata nel libro di Alberto Rex Gonzalez a titolo “Cultura La Aguada Arqueologia y diseños” (Filmediciones Valero, 1998).
In uno di questi rari bronzi, indicato come “Disco del Beni, Bolivia”, emergono significati strabilianti, che non vengono assolutamente trattati dallo studioso argentino. L’antropomorfo presenta un casco integrale che sembra di tipo spaziale, una gorgiera che sembra metallica e che ricopre anche le braccia. Quindi si nota un pettorale con la lettera T, posta al centro delle spirali a rotazione inversa, al di sotto delle quali viene presentata una faccia di creatura primitiva con capelli ispidi, al di sotto della quale stanno altre due spirali a rotazione contrapposta. Per interpretare questo bronzo, occorre tener conto dei significati degli altri pezzi, di produzione limitatissima.
Vi emergono le croci templari del tipo orbicolare retto e del tipo orbicolare inclinato, così come si possono vedere nelle simbologie della Lunigiana Storica, presentate nel libro “Lunigiana terra di Templari” (Marna Edizioni, 2006). In questi bronzi si rinvengono anche molti simboli dei tre cerchi concentrici, definiti anche cerchi atlantidei o cerchi dei tre ordini di perfezione, se riferiti al Cristianesimo.
Per poter spiegare queste strane coincidenze spaziali e temporali occorre sapere che molti studiosi ritengono che i Templari si recassero in Patagonia per caricare l’argento (da ciò il toponimo Argentina). Recentemente studiosi locali del Golfo di San Matteo hanno anche identificato il porto dei Templari, costituito da quattro canali paralleli, posti in alto sulla scogliera, e penetrabili soltanto con le alte maree sizigie (quando la marea influenzata dal Sole si somma con la marea influenzata dalla Luna Piena). Le prove iconografiche di questa navigazione si rinvengono nelle simbologie della Pieve di Codiponte (Massa) che mostrano sia i copricapo da cacique che i copricapi di pelliccia, nonché in Val di Vara, in un architrave di Porciorasco, in cui è stato scolpito il Sole tradizionale del Guatemala.
Si ipotizza anche che i Templari avessero contatti con gli shamani andini, ed abbiano avuto informazioni che sono di natura profonda, come la croce orbicolare retta e la croce orbicolare inclinata, da cui emerge la simbologia dell’angolo, cioè della conoscenza dei moti processionali. Il tema dell’angolo emerge chiaramente in un petroglifo del Lago Titicaca, ed era quindi familiare agli shamani sudamericani, così come appare più volte indicato nel petroglifo dell’Appennino Tosco-emiliano che si trova peraltro eguale in India, nel sito sacro di Vijayanagar (distretto di Hampi).
Una corrente di pensiero è quindi giunta in Lunigiana dall’India in epoca del Rame (lo si deduce dalla verga da rabdomante a rotazione verticale, che si ritrova anche all’esterno del Riparo del Ciliegio nel Savonese) e una successiva conoscenza è stata portata dai navigatori Templari nel XIII secolo. Appare quindi una continuità nell’uso del T, che è stato anche adottato da San Francesco. Come conciliare ciò? Attraverso la profonda implicazione del T, come simbolo di equilibrio e di eguaglianza fra le genti, dedotto dalla manifestazione equinoziale della “linea retta d’equinozio” e dalla constatazione che il punto del sorgere equinoziale non muta nei millenni, mentre i punti del sorgere e del tramonto solstiziale subiscono lo scarto della precessione degli equinozi.
Una interessante prova archeologica della conoscenza della precessione è emersa durante il convegno della Società Italiana di Archeoastronomia che si è tenuto in Puglia nel 2010, a Trinitapoli, dal 22 al 23 ottobre 2010.
Quanto sopra spinge a leggere il Disco del Beni come portatore dell’annuncio, che è stato diffuso da Zacheria Sitchin, che l’uomo è stato clonato dagli Anunaki, attraverso vari tentativi, che si sono potuti perfezionare soltanto quando i loro scienziati hanno capito che non potevano usare per i loro esperimenti vasi provenienti dal loro pianeta (quindi emananti una frequenza diversa da quella di 7,83 Hertz della Terra) ma vasi creati con materiali terrestri (Il Libro Perduto del Dio Enki - Sesta Tavoletta).
Bibliografia relativa a questo articolo ed al libro di imminente pubblicazione su Lunigiana e rotta Atlantica dei Templari di E. Calzolari
Bartocci U. – AMERICA ROTTA TEMPLARE. Sentieri segreti della storia. Un’ipotesi sul ruolo
delle società segrete nelle origini della scienza moderna, dalla scoperta dell’America
alla Rivoluzione Copernicana. – Edizioni della Lisca, Milano, 1995
Bartocci U. - UNA ROTTA TEMPLARE ALLE ORIGINI DEL MONDO MODERNO – versione
elettronica riveduta e ampliata del libro “America: rotta templare”, 2006
Battistini L. & Calzolari E. – LUNIGIANA TERRA DI TEMPLARI – Marna editrice, Lecco, 2006
De Mahieu J. – I TEMPLARI IN AMERICA – Edizioni PIEMME, Casale Monferrato, 1998
Russo Lucio - L’AMERICA DIMENTICATA – I rapporti tra le civiltà e un errore di
Tolomeo – Mondadori, Milano, 2013.
L'INTERPRETAZIONE DELLA LETTERA T.
( PAGINE ESTRATTE DAL LIBRO DI MARISA GRANDE : DAI SIMBOLI UNIVERSALI ALLA SCRITTURA, EDITRICE BESA, 2010.)
(GROTTA DEI CERVI DI PORTO BADISCO - LE-)
Dipendendo la stabilita del cosmo, per gli abitanti della Terra, dalla
regolarita del ciclo solare e dell’ampiezza contenuta dei punti solstiziali,
direttamente connessi con l’inclinazione dell’asse terrestre, ne
deriva che l’apertura alare del dio uccello era fondamentale per monitorare
la stabilita dei cicli cosmici valutando la regolarita dell’apparente
ritorno del Sole sull’orizzonte dai punti occupati nei giorni temuti
dei solstizi verso il punto centrale degli equilibrati equinozi.
Nelle culture che all’inizio dell’Olocene avevano riconosciuto a
Orione il merito di aver conferito regolarita ai cicli solari, le sue “braccia”
di “Uomo Cosmico” in posizione statica e frontale, furono interpretate
come ali aperte di un uccello in volo, indicanti la massima
estensione del percorso apparente del Sole all’orizzonte.
Le “braccia” o le “ali” di Orione/dio-uccello avevano sostituito il
simbolo della “losanga solstiziale” della dea Madre, la figura geometrica
a forma di rombo descrivente sopra e sotto l’orizzonte il ciclo
del moto apparente del Sole, giornaliero e annuale. Nel millennio XI
a.C., alla fine del Pleistocene, tale “losanga solstiziale” aveva raggiunto
la massima estensione possibile, poiche l’asse della Terra si trovava
fortemente inclinato e gli abitanti del pianeta ne percepivano l’instabilita
attraverso condizioni caotiche atmosferiche e climatiche.(pag.269)
(ANATOLIA)
Nell’area della sommita del Karadere, sempre appartenente al sito
anatolico del monte sacro Latmo, in una grotta preceduta da uno
spiazzo quadrato e formata da una lastra litica che si appoggia obliqua
alla parete rocciosa, sono state dipinte sul soffitto figure atipiche
rispetto alla maggior parte delle rimanenti pitture rupestri del Monte
Latmo.
Il luogo appare essere stato eletto ad area sacrale per gli interventi
visibili sull’area antistante, per le sue caratteristiche naturali e per il
fascino derivato dalle combinazioni cromatiche della lastra rocciosa
obliqua, che è divisa in due da una grossa falda, inglobante una composizione
ferrosa di un vistoso colore giallo-arancio, che fa da cornice
alla teoria delle figure tracciate con un colore rosso-bruno.
Fig. 54 Anatolia (Turchia), Karadere: figure oranti con testa a forma di T. (da:
Anneliese Peschlow, Bindokat, Antiche immagini dell’Uomo)
Sono tredici figure adiacenti tra loro, statiche, in posizione orante,
tutte apparentemente maschili. Le loro teste stilizzate a rigida forma
di T rimandano, per la scopritrice, a un altro mondo, popolato da demoni
e spettri, oppure a sciamani, come quelli di forma simile, presenti
tra le pitture rupestri del Jebel Burnus, in Arabia Saudita settentrionale.
Ossia queste figure esprimono una mutata visione rispetto alle
altre scene riconosciute come rituali e legate alle celebrazioni nuziali
o a pratiche iniziatiche prevalentemente femminili. La composizione
è alquanto elementare e paratattica, la staticita delle figure suggerisce
l’analogia con il modello degli “antropomorfi oranti”, che apparira poi
molto diffuso tra le incisioni camune del V-IV millennio a.C., ispirate
all’ Uomo Cosmico di Badisco.
Sul piano linguistico, la funzione specifica del dio a forma di T e
connessa con la funzione del K, implicante la positivita agente, che in
origine fu della dea che l’aveva condivisa con Orione in tutte le altre
pitture del Monte Latmo, ma che ora, verso la sommita del Karadere,
appare essere attribuita di nuovo, esclusivamente, all’Antropomorfo
maschile. Un predominio che è indice di eventi nuovi, forse ambientali,
ma sicuramente sociali!(pag.272 e 273)
EGITTO
Orione fu interpretato come l’Uomo Universale, il solare “dio uccello”
HU in Badisco, la “divinita con testa alata” nel Latmo e con
“testa a forma di T” nel Karadere, con “ali contratte” in Arselantepe, e
in fase post-diluviana, il “Sole alato” della Mesopotamia, il “dio falco”
Horo dell’Egitto. Le sue ali aperte misuravano, ma nello stesso tempo
proteggevano, per contenerla nei limiti armonici, l’estensione massima
tra i dui solstizi. (pag.294)
Horo, il dio falco, coadiuvava le altre divinita solari rinnovate, ossia
il dio Sole (I)TEM, gia noto come (A)TUM, che aveva il compito
di presiedere al percorso di (I)TEN, gia dio (A)TON, per regolare
la meccanica astrale di RA, il “disco solare”, indicato da un “cerchio
con il puntino nel centro”, per rappresentare la continua rotazione,
in levata e in tramonto, dell’astro in quelle due porzioni di orizzonte,
in oriente e in occidente, dove ogni giorno durante l’anno solare esso
va a occupare un punto diverso tra tutti i punti compresi tra i due
solstizi.(pag.295)
Ciò sta a significare che il “padre”IT, praticando la rettitudine e la giustizia, riesce a sottomettere
la strisciante vipera cornuta e a riprendere il posto dell’originario mitico
serpente, che aveva il ruolo primario di fecondatore della Madre
Terra. Per questo vi e anche un secondo geroglifico che si legge anche
IT, ma che rappresenta “l’orzo”, ossia il prodotto della fecondazione
della Terra, necessario al nutrimento che il padre doveva assicurare ai
propri figli.(pag.290)
LINGUE ALTAICHE
La transitivita di G derivante dal concetto di un primitivo legame
di origine ultraterrena, implica una forma di accettazione della dipendenza
da un misterioso destino, che invece le “azioni coscienti” indicate
da K - T non contemplano, per la loro concreta positivita agente,
che deriva loro dall’azione di una divinita femminile K preposta al
passaggio a una divinita maschile T. (pag.311)
Dipendendo la stabilita del cosmo, per gli abitanti della Terra, dalla
regolarita del ciclo solare e dell’ampiezza contenuta dei punti solstiziali,
direttamente connessi con l’inclinazione dell’asse terrestre, ne
deriva che l’apertura alare del dio uccello era fondamentale per monitorare
la stabilita dei cicli cosmici valutando la regolarita dell’apparente
ritorno del Sole sull’orizzonte dai punti occupati nei giorni temuti
dei solstizi verso il punto centrale degli equilibrati equinozi.
Nelle culture che all’inizio dell’Olocene avevano riconosciuto a
Orione il merito di aver conferito regolarita ai cicli solari, le sue “braccia”
di “Uomo Cosmico” in posizione statica e frontale, furono interpretate
come ali aperte di un uccello in volo, indicanti la massima
estensione del percorso apparente del Sole all’orizzonte.
Le “braccia” o le “ali” di Orione/dio-uccello avevano sostituito il
simbolo della “losanga solstiziale” della dea Madre, la figura geometrica
a forma di rombo descrivente sopra e sotto l’orizzonte il ciclo
del moto apparente del Sole, giornaliero e annuale. Nel millennio XI
a.C., alla fine del Pleistocene, tale “losanga solstiziale” aveva raggiunto
la massima estensione possibile, poiche l’asse della Terra si trovava
fortemente inclinato e gli abitanti del pianeta ne percepivano l’instabilita
attraverso condizioni caotiche atmosferiche e climatiche.(pag.269)
(ANATOLIA)
Nell’area della sommita del Karadere, sempre appartenente al sito
anatolico del monte sacro Latmo, in una grotta preceduta da uno
spiazzo quadrato e formata da una lastra litica che si appoggia obliqua
alla parete rocciosa, sono state dipinte sul soffitto figure atipiche
rispetto alla maggior parte delle rimanenti pitture rupestri del Monte
Latmo.
Il luogo appare essere stato eletto ad area sacrale per gli interventi
visibili sull’area antistante, per le sue caratteristiche naturali e per il
fascino derivato dalle combinazioni cromatiche della lastra rocciosa
obliqua, che è divisa in due da una grossa falda, inglobante una composizione
ferrosa di un vistoso colore giallo-arancio, che fa da cornice
alla teoria delle figure tracciate con un colore rosso-bruno.
Fig. 54 Anatolia (Turchia), Karadere: figure oranti con testa a forma di T. (da:
Anneliese Peschlow, Bindokat, Antiche immagini dell’Uomo)
Sono tredici figure adiacenti tra loro, statiche, in posizione orante,
tutte apparentemente maschili. Le loro teste stilizzate a rigida forma
di T rimandano, per la scopritrice, a un altro mondo, popolato da demoni
e spettri, oppure a sciamani, come quelli di forma simile, presenti
tra le pitture rupestri del Jebel Burnus, in Arabia Saudita settentrionale.
Ossia queste figure esprimono una mutata visione rispetto alle
altre scene riconosciute come rituali e legate alle celebrazioni nuziali
o a pratiche iniziatiche prevalentemente femminili. La composizione
è alquanto elementare e paratattica, la staticita delle figure suggerisce
l’analogia con il modello degli “antropomorfi oranti”, che apparira poi
molto diffuso tra le incisioni camune del V-IV millennio a.C., ispirate
all’ Uomo Cosmico di Badisco.
Sul piano linguistico, la funzione specifica del dio a forma di T e
connessa con la funzione del K, implicante la positivita agente, che in
origine fu della dea che l’aveva condivisa con Orione in tutte le altre
pitture del Monte Latmo, ma che ora, verso la sommita del Karadere,
appare essere attribuita di nuovo, esclusivamente, all’Antropomorfo
maschile. Un predominio che è indice di eventi nuovi, forse ambientali,
ma sicuramente sociali!(pag.272 e 273)
EGITTO
Orione fu interpretato come l’Uomo Universale, il solare “dio uccello”
HU in Badisco, la “divinita con testa alata” nel Latmo e con
“testa a forma di T” nel Karadere, con “ali contratte” in Arselantepe, e
in fase post-diluviana, il “Sole alato” della Mesopotamia, il “dio falco”
Horo dell’Egitto. Le sue ali aperte misuravano, ma nello stesso tempo
proteggevano, per contenerla nei limiti armonici, l’estensione massima
tra i dui solstizi. (pag.294)
Horo, il dio falco, coadiuvava le altre divinita solari rinnovate, ossia
il dio Sole (I)TEM, gia noto come (A)TUM, che aveva il compito
di presiedere al percorso di (I)TEN, gia dio (A)TON, per regolare
la meccanica astrale di RA, il “disco solare”, indicato da un “cerchio
con il puntino nel centro”, per rappresentare la continua rotazione,
in levata e in tramonto, dell’astro in quelle due porzioni di orizzonte,
in oriente e in occidente, dove ogni giorno durante l’anno solare esso
va a occupare un punto diverso tra tutti i punti compresi tra i due
solstizi.(pag.295)
Ciò sta a significare che il “padre”IT, praticando la rettitudine e la giustizia, riesce a sottomettere
la strisciante vipera cornuta e a riprendere il posto dell’originario mitico
serpente, che aveva il ruolo primario di fecondatore della Madre
Terra. Per questo vi e anche un secondo geroglifico che si legge anche
IT, ma che rappresenta “l’orzo”, ossia il prodotto della fecondazione
della Terra, necessario al nutrimento che il padre doveva assicurare ai
propri figli.(pag.290)
LINGUE ALTAICHE
La transitivita di G derivante dal concetto di un primitivo legame
di origine ultraterrena, implica una forma di accettazione della dipendenza
da un misterioso destino, che invece le “azioni coscienti” indicate
da K - T non contemplano, per la loro concreta positivita agente,
che deriva loro dall’azione di una divinita femminile K preposta al
passaggio a una divinita maschile T. (pag.311)